Zambia 2012, l’ultima vittoria

Con la vittoria ai calci di rigore il 12 febbraio 2012 contro la Costa d’Avorio, la nazionale dello Zambia conquista la sua prima Coppa d’Africa. Una vittoria, quella di Libreville, in Gabon, che ha segnato l’inizio del suo declino calcistico ma che ha in qualche modo pareggiato i conti con un tragico destino.

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Lo Zambia solleva la Coppa d'Africa, il 12 febbraio 2012 dopo aver sconfitto ai rigori la Costa d'Avorio (Credit: dapd)

“Lumbanyeni Zambia”, il titolo dell’inno nazionale zambiano in lingua bemba è un invito a supportare la patria solo con la forza della voce. Significa: “alzati e canta dello Zambia”. Gli zambiani lo fanno sempre nei momenti di dolore, di riunificazione nazionale, ma anche in quelli di tensione profonda.

La sera del 12 febbraio 2012, durante la finale di Coppa d’Africa, a quell’invito rispondono anche i calciatori della nazionale. Quello, dopotutto, non è un momento qualsiasi: lo Zambia, allenato per il secondo mandato dal francese Hervé Renard, ha dominato il girone eliminatorio con Libia, Senegal e Guinea Equatoriale e nei turni a eliminazione diretta si è sbarazzato di Sudan e Ghana, tornando in finale di Coppa d’Africa dodici anni dopo la prima volta.

E anche Libreville, la capitale del Gabon, sede dell’edizione in cui i Chipolopolo si stanno giocando la possibilità di salire sul tetto d’Africa, non è un posto come un altro.

Da queste parti, in uno specchio di mare non lontano da Libreville, nel 1993 si è inabissato un Havilland Canada DHC-5 Buffalo dell’aeronautica militare zambiana, e con lui tutti i sogni della generazione di talenti zambiani più forte di sempre, capace, cinque anni prima, di calare un poker all’Italia durante le Olimpiadi di Seul del 1988. Senza contare che per molto tempo la parola “gabon”, in Zambia, è stata sinonimo di ladro, o comunque persona poco affidabile.

Una concezione nata dopo che la polemica direzione di un arbitro gabonese, tale Jean Fidel Diramba, aveva negato l’accesso ai Chipolopolo a USA ’94.

Hervé Renard, raccomandato dal suo mentore Claude Le Roy al presidente federale zambiano ed ex leggenda sul campo Kalusha Bwalya, decide di non caricare i suoi facendo leva sull’emotività della tragedia, o almeno non solo, bensì sceglie come argomento la fragilità della Costa d’Avorio, bella ma inconcludente, tirando fuori il passato per dare fiducia ai suoi ragazzi. Dopotutto, ricorda, gli Elefanti hanno già perso diverse finali. Può succedere ancora e succederà.

Gli Elefanti sono, tanto per cambiare, la favorita numero uno del torneo, ma devono nuovamente soccombere sul rush finale. Lo Zambia, sperando di poter pungere in contropiede con Emmanuel Mayuka e Cristopher Katongo – nominato miglior giocatore del torneo – è bravo a compattare le linee e a trascinare la contesa ai calci di rigore, grazie anche a un errore dagli undici metri di Drogba al minuto ‘70.

All’inizio della lotteria dei rigori sembrano tutti cecchini inappuntabili. Così si va ad oltranza ed è una tortura indicibile, per tutti: per la Costa d’Avorio che rischia di veder sfumare l’ennesimo trionfo annunciato; per lo Zambia, desideroso di pareggiare i conti con la storia e chiudere un cerchio col destino.

Per esorcizzare la paura, in panchina, lo staff, i magazzinieri e i calciatori, tutti fanno come dice l’inno: cantano. Nessuno, però, ha il coraggio di farlo mentre si sta incamminando per battere il proprio calcio di rigore.

Nessuno, tranne Stophira Sunzu, che lo fa proprio nel momento più delicato, sul 7-7, quando tutto lo Zambia sta pregando che la butti dentro per poter esplodere in un abbraccio collettivo.

Segnerà, perché come dice un proverbio africano, “il sole magari fa tardi, ma non dimentica alcun villaggio”.

Da quel momento, però, la storia dello Zambia calcistico è come se si fosse interrotta, appiattendosi verso la mediocrità dopo l’addio di Renard che avrebbe fatto le fortune della Costa d’Avorio: nel 2013 e nel 2015, infatti, i Chipolopolo si sono fermati alla fase a gruppi della Coppa d’Africa, mentre nelle ultime due edizioni non hanno raggiunto neanche la qualificazione, toccando uno dei punti più bassi della loro storia.

I Proiettili di Rame, paradossalmente, si sono sgonfiati proprio quando sembravano destinati a diventare una delle potenze emergenti del calcio africano. Ma forse non era questa la missione assegnatagli dalla storia: i conti con il destino, dopotutto, erano già  stati regolati nel 2012.