Le notizie dall’Africa in podcast – Mercoledì 27 maggio 2020

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Oggi parliamo di libertà civili violate in Zimbabwe, dell’avvio in Kenya della sperimentazione umana di un potenziale vaccino per il Covid-19 e della denuncia dei vescovi del Burundi di irregolarità elettorali

Zimbabwe: libertà civili violate

In Zimbabwe il governo sta approfittando del lockdown per sopprimere le libertà civili. Lo denuncia il partito storico d’opposizione, il Movimento per il cambiamento democratico, in seguito alla querela per violenza pubblica a carico di tre donne, tra cui una deputata, appartenenti al partito, che sostengono di essere state sequestrate, violentate e torturate da agenti delle forze di sicurezza. Avevano manifestato pacificamente in favore della popolazione più povera, maggiormente penalizzata dalle restrizioni del lockdown. Intanto venerdì scorso due giornalisti sono stati arrestati e poi rilasciati su cauzione per aver intervistato le tre donne, da una settimana in ospedale per le violenze subite.

Kenya, Covid-19: inizia la sperimentazione umana di un potenziale vaccino 

Nonostante le polemiche scoppiate nei mesi scorsi su test in Africa di possibili vaccini anti coronavirus, i ricercatori del Kenya Medical Research Institute hanno dato il via alla sperimentazione sull’uomo di un potenziale vaccino contro il Covid-19, lanciato dall’Università di Oxford, in Gran Bretagna. La ricerca è affidata al programma Kemri-Wellcome Trust che sta cercando 400 volontari, tutti operatori sanitari che vivono nella città costiera di Mombasa e nella vicina città di Kilifi, dove si svolgerà la sperimentazione. Lo stesso potenziale vaccino è già in fase di test su oltre 1.000 volontari nel Regno Unito.

Burundi: sul voto i vescovi denunciano irregolarità diffuse

Intervento interessante dell’episcopato cattolico del Burundi, sollecitato dai suoi quasi tremila osservatori ai seggi elettorali, sullo scrutinio del 20 maggio. I vescovi denunciano una nutrita serie di irregolarità che vanno dall’obbligo di firmare in anticipo i processi verbali dello spoglio, alle urne ripiene di schede false, dal voto di morti e rifugiati, a elettori che hanno votato più volte, dall’allontanamento degli osservatori al momento dello spoglio, all’intrusione nei seggi di persone non autorizzate.

In conclusione i vescovi si chiedono se tutto questo non porta pregiudizio ai risultati proclamati, non solo delle presidenziali, ma anche delle politiche e amministrative che si sono svolte in contemporanea. Normale l’appello alla calma. Una cosa però i vescovi dimenticano in un paese dal nuovo presidente, cattolico in un paese di cattolici, e molto semplice da realizzare per fugare ogni dubbio: ricontare i voti. Questo però non lo chiedono. E allora, a che serve?