Le notizie dall’Africa in podcast – Giovedì 16 aprile 2020

Ascolta in streaming o scarica il podcast delle principali notizie dal continente, a cura della redazione di Nigrizia

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L'immagine è del disegnatore, graphic journalist e attivista per i diritti umani Gianluca Costantini

Oggi parliamo della moratoria temporanea sul pagamento del debito decisa dai G20, dello sciopero della fame di un noto attivista in carcere in Egitto e dell’ennesima strage annunciata di migranti nel Mediterraneo.

Moratoria sul debito dei paesi più poveri

Il pagamento debito dei paesi più poveri, la gran parte di quali sono africani, è sospeso per un anno, a partire da oggi. La decisione, che prende atto della crisi economica innescata dal coronavirus, è stata presa dai ministri delle finanze e dai banchieri centrali del G20, il forum dei paesi maggiormente industrializzati creato nel 1999. Secondo il G20, questa misura dovrebbe liberare 20 miliardi di liquidità utilizzabili per combattere la pandemia. Si sono detti subito favorevoli al provvedimento il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale che lunedì scorso hanno approvato una moratoria sul rimborso del debito per 25 paesi. Anche il G7, cui fanno capo i paesi più ricchi, si era espresso a favore dell’iniziativa purché fosse avallata dal G20. Stranamente, considerata la resistenza della Germania a mettere mano ai debiti, il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz ha affermato che si tratta di «un atto di solidarietà internazionale di portata storica».

Egitto: sciopero della fame di un giovane attivista in carcere

Alaa Abd El-Fattah, uno dei più noti attivisti egiziani, icona della rivoluzione anti-Mubarak del 2011 e da ultimo critico del presidente Abdel Fattah al-Sisi, è entrato in sciopero della fame al carcere di Tora al Cairo. Lo ha riferito su twitter la sorella, Mona Seif, pure lei nota attivista. Il mese scorso un tribunale gli aveva prolungato di altri 45 giorni la custodia cautelare in carcere. L’ex-ingegnere informatico divenuto blogger e militante per i diritti civili era stato protagonista del movimento che 9 anni fa portò alla caduta del presidente-autocrate egiziano Hosni Mubarak, diventando uno dei volti di quella rivoluzione. Alaa era stato arrestato nuovamente una decina di giorni dopo le proteste antigovernative del settembre scorso cui aveva partecipato nonostante fosse in libertà vigilata. Il 38enne, che nel marzo 2019 aveva finito di scontare una precedente condanna a 5 anni di reclusione, è incarcerato nella famigerata prigione di massima sicurezza Tora 2 dove – come sostiene Amnesty international – “le condizioni detentive sono aberranti”.

Confermata dell’ennesima tragedia nel Mediterraneo

“Vogliamo la verità sulle 55 persone disperse. Non è sostenibile che donne bambini e uomini chiedano aiuto per sei giorni e i governi di due paesi aspettino che vengano inghiottiti dal mare”, dice Alessandra Sciurba, presidente di Mediterranea Saving Humans. Non è chiaro quello che sta succedendo nel Mediterraneo nonostante le dichiarazioni della ministra italiana De Micheli la quale sostiene che tutto è sotto controllo e che niente sfugge alle autorità. Malta resta in silenzio, anzi nega di sapere dove sarebbero i 55 dispersi. Tira aria di menzogna. Nel frattempo è stato ritrovato in acque maltesi martedì pomeriggio il barcone alla deriva. Sono 12 i morti.